Geremia Re nasce a Leverano (Lecce) il 21 giugno 1894, da padre sarto (con sartoria-barberia in affitto in piazza: la migliore, tale da soddisfare persino le esigenze della famiglia titolata del posto, i conti Zecca, primi protettori e duraturi amici di Geremia) e da madre casalinga e coadiuvante pantalonaia, primo di sei figli. Il progetto è fare del ragazzo bravo e promettente un sarto da signora, la più alta ambizione del tempo presso simili famiglie artigianali, perciò, pur con molti sacrifici, si è disposti addirittura mandarlo a Roma per un corso di sartoria femminile, nel 1910.
Una rara immagine della sartoria Re, con il nonno Antonio (primo a sin.)
il padre Francesco (secondo a sin.) e due fratellini.
Geremia è il secondo bimbo al centro
Ma, una volta nella capitale, il giovane può invece coltivare e realizzare il segreto sogno di imparare a disegnare e a dipingere, come notoriamente fa sin da ragazzo, di visitare musei e gallerie (Esposizione Universale di Roma del 1911) e, invogliato pure da un suo maestro sarto (piccolo amatore d'arte che gli acquista i quadretti che lui crea, per il suo sostentamento), decide senz'altro di iscriversi nel 1912 al R. Istituto Superiore di Belle Arti di Roma, dove frequenta regolarmente i corsi inferiori e superiori e si licenzia nella prima sessione dell'anno scolastico 1916-17.
Geremia (in altro) insieme ad alcuni compagni
e docenti dell'Ist. Belle Arti a Roma
Frequenta pure, dal 1913 al ‘17, corsi di Decorazione Murale, i corsi speciali di Pittura, il corso libero del nudo a Roma, come in seguito i corsi speciali di pittura presso la R. Accademia Albertina di Torino, usufruendo della disposizione concessa agli studenti universitari nel periodo della Prima Guerra Mondiale (1915-18). Partecipa alla battaglia del Piave, alla presa di Gorizia e poi è mandato in congedo illimitato a Tarvisio.
Geremia in divisa militare
Tornato a Leverano, dall'anno scolastico 1921-22, inizia (prima da pendolare e poi stabilito a Lecce) la carriera professionale didattica presso la R. Scuola Artistica Industriale "G. Pellegrino" di Lecce, con l'insegnamento di Decorazione Pittorica, Decorazione Murale e Disegno di figura, mentre continua la partecipazione a diverse esposizioni pugliesi e nazionali.
La sua pittura va acquistando sempre più maturità e consapevolezza, distaccandosi dalla tradizione del naturalismo tardo-ottocentesco, che ancora distingueva molta produzione artistica del suo tempo. Tende ad una visione più introspettiva e alla piena libertà del colore, che donano alle sue opere una fervida freschezza espressiva.
Geremia nel 1923
Nel 1928, spinto dall’irrequietezza e dalla pluralità d’interessi, approfittando dell’interruzione dell’insegnamento autorizzata, si reca a Parigi, dove risiede per alcuni mesi, per seguire da vicino i movimenti artistici europei. I quotidiani contatti parigini con la produzione dei grandi artisti del tempo gli consentono di acquisire maggiore padronanza dei suoi mezzi e valida conferma alle sue aspirazioni, che in breve lo pongono in grado di svolgere di fatto, negli anni ’30, la funzione di battistrada nell’ambiente artistico talentino, accettando così di guidare il sindacato degli artisti leccese. E’ convinto, al di là delle implicazioni politiche, che sia importante creare un movimento artistico organizzato capace di suggerire strumenti promozionali. Inizia così la sua battaglia a sostegno della necessità nel Salento di un reale rinnovamento e di uno svecchiamento dell’arte, contro la tradizione di una pittura illustrativa basata sulla pura accademica rappresentazione realistica.
Furono per Geremia Re anni di grande produzione e di intensa presenza in mostre, biennali e premi di pittura, provinciali, regionali e nazionali.
Approfittando di una cattedra di “Figura” improvvisamente vacante presso l'istituto d'arte "Paolo Toschi" di Parma, con il nuovo anno scolastico 1939-40 si trasferisce con la famiglia al Nord, entusiasta di ritornare nella vivace città emiliana per realizzare questa volta l'annoso desiderio di avvicinarsi all'ambiente artistico moderno milanese, di certo il più importante in Italia. E durante quattro anni parmensi, trascorre molte sere a Milano, (non più a Roma, dove spesso si recava da Lecce) dove ha modo di conoscere e frequentare musei, gallerie, colleghi (alcuni dei quali si trasferiranno a Parma, come Umberto Lilloni, Atanasio Soldati, le cui presenze arriccheranno la cerchia degli amici intellettuali abitualmente incontrati, tra cui Attilio Bertolucci, Carlo Mattioli, Oreste Macrì ed altri) e galleristi, alcuni dei quali ben impressionati dalle sue opere e che gli promettono alcune mostre personali, fino al 1943, mai però realizzate a causa del precipitare degli eventi bellici.
A Venezia durante un viaggio d'istruzione della scuola
Tornato nel luglio del ‘43 a Leverano per le vacanze estive, vi rimane bloccato, con la famiglia, dall'armistizio del 8 settembre ed è costretto ritornare in "comando" nella sua vecchia scuola artistica di Lecce. Anche dopo la guerra, Geremia preferisce rimanere a Lecce - anche grazie alla prospettiva della trasformazione della scuola in Istituto d'arte - insieme gli amici intellettuali " che rimanevano nel sud " (una polemica del tempo), per contribuire da meridionalisti, ognuno a suo modo, al risveglio socio-politico, culturale ed artistico del Salento. In Italia ed in Puglia si verifica infatti una vivace ripresa delle attività culturali e dell’elaborazione artistica. In quegli anni, la sua arte si arricchisce di una più attenta riflessione sui valori dell’uomo, della società, della vita. Contemporaneamente, si assiste ad una prodigiosa crescita dei suoi mezzi espressivi, la densa pennellata, il colore prorompente che egli usa liberamente, ma con perfetto dosaggio.
Per l'anno scolastico 1949-50 si profila pure la possibilità della direzione della scuola di Lecce, per l'automatismo della sua anzianità di servizio nella scuola stessa e per l'assoluta stima dei colleghi. Però non può coronare il suo progetto, perché improvvisamente giunge da Roma un direttore di nomina.
Qualche mese prima, il conte L. Zecca, spesso residente a Roma, volle condurlo nello studio di Renato Guttuso, con il quale Geremia a lungo conversò e si intese, anche per nuovi incontri.
Muore inaspettatamente la sera del 13 gennaio 1950 al Lecce, per strada, (mentre, insieme con un sensale, cercava casa, come quasi ogni sera ormai faceva tornando nel capoluogo con la solita corriera di linea), al primo attacco di angina. Riposa a Leverano, nella piccola tomba a lui dedicata dalla famiglia.
Ha subito la sventura di una morte immatura che ha stroncato, a soli 56 anni, una vita dedicata all’arte della pittura, del disegno, all’animazione e all’organizzazione culturale, e la pienezza di una maturità creativa, frutto di tanta dedizione, di studio e di notevoli sacrifici. Tanto avrebbe potuto donare all’arte, in virtù della consumata professionalità, dell’irrequietezza, del giovanile fervore e delle alte idealità civili e culturali.
Vasta è la documentazione sulla valutazione critica della sua opera, riportata da quotidiani, riviste, cataloghi, libri ed enciclopedie, tesi di laurea, concernente tutto l’arco della sua produzione, sparsa dovunque, in provincia, ma anche in altre regioni: centinaia di dipinti presso parenti, amici, collezionisti e pinacoteche, non tutti ancora ritrovati e catalogati.